Venerdi, 26 aprile 2024 - ORE:07:01

Auto Flop: le Berline incomprese

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Le berline di lusso che hanno fatto un flop

Il mercato dell’automobile a volte può essere davvero una giungla per quanto sia spietato. Nel corso degli anni molti progetti erano stati pensati per rendere felici non solo le case produttrici che avrebbero guadagnato maggior prestigio ma soprattutto i clienti, i quali sono sempre più esigenti e pretendono il meglio. Per questo motivo molti marchi hanno pensato di mettere in produzione delle berline di lusso che avessero i migliori optional possibili, delle linee accattivanti e innovative con motori dalle prestazioni eccellenti, senza pensare al costo effettivo della produzione per unità e della concorrenza spietata con case che producono vetture in questo settore da sempre.

Purtroppo la legge del mercato ha sempre la meglio nonostante l’effettiva qualità dei modelli, perciò vediamo quali sono le berline esclusive che sono state etichettate come un flop:

zzzAlfa Romeo 6: l’origine dell’Alfa 6 la ritroviamo nel progetto 119 per il quale era prevista la messa in produzione già nel 1973, ma la direzione di Arese decise di sospendere l’immissione nel mercato perché era sconveniente vendere un auto che percorresse solo 7 km con 1 litro di benzina in un momento storico nel quale il prezzo del petrolio era alle stelle. Nel 1979 superata la crisi, i piani alti di Alfa Romeo decisero di mettere mano al progetto 119 per cercare di ammodernarlo, così prese vita l’Alfa 6 che nonostante gli sforzi risultava assolutamente obsoleta come carrozzeria, e riscosse pochissimi consensi fra gli osservatori. La linea era similare a quella della più piccola Alfetta, così questa ammiraglia prese immediatamente il nome di “Alfona”. Venne lanciata con un motore 2.5 di cilindrata V6 con cambio manuale a 5 rapporti o a richiesta con cambio automatico. Nonostante le finiture degli interni di ottima fattura, la presenza di optional all’avanguardia per l’epoca (come il climatizzatore), la grande capienza e soprattutto il comfort  di guida, questa grande ammiraglia ottenne un pochissimo successo commerciale, ne furono vendute poche migliaia fino al 1987, nonostante il tentativo di restyling del 1983. La causa dell’insuccesso di questa vettura va riscontrata soprattutto per le tempistiche di vendita di questo modello, che se fosse uscita realmente nel 1973, crisi a parte, sarebbe stata un successo e verrebbe ricordata oggi con un’altra prospettiva.

Aston-Martin-Lagonda-1976-1989-Photo-10Aston Martin Lagonda: il marchio britannico è oggi apprezzato in tutto il Mondo, è famosissimo per le vetture sportive, coupé e ha prestato più volte un proprio modello all’agente segreto di sua Maestà, James Bond (la più famosa è la DB5). Ma nel 1976 la casa inglese in cerca di rivitalizzare la propria sorte, fece uscire una grossa berlina 4 porte dalle soluzioni stilistiche troppo avveniristiche, che non furono affatto capite né in Europa né tanto meno nel Nord America, i mercati di riferimento. Ma la Lagonda aveva delle buone basi di partenza, derivava dal pianale allungato della MV8 una classica sportiva 8 cilindri, quindi montava anch’essa un motore dalla alte prestazioni, un V8 da 320 cv,  e inoltre abbinava per l’interno un lusso sfrenato che spaziava dal cambio automatico, climatizzatore elettronico, televisore a colori, impianto stereo di ultima generazione, e rifiniture di massimo pregio (pelle Connolly, radica e legno lavorato). Ma il successo non è mai arrivato, l’elettronica molto spesso si inceppava e dava problemi, e l’alluminio che formava la scocca era soggetto a ruggine, così nel 1989 fu cessata la produzione, per un totale di soli 645 esemplari, un vero fiasco per Aston Martin che ha pagato la scelta di anticipare troppo i tempi sia per le linee che per l’uso dell’elettronica.

185165_475320992488680_1673215094_nAudi V8: l’Audi V8 è l’antenata della grande ammiraglia oggi apprezzata dalla maggior parte degli appassionati A8, che nel 1988 ha visto la propria uscita nel mercato. Andava a sostituire quella che fu la 200 quattro dalla quale ereditava la meccanica e il corpo centrale. E’ grazie a questo modello che Audi ha cominciato a produrre auto di lusso dalle grandi prestazioni, infatti ben presto fu utilizzata sui circuiti del campionato gran turismo. Oltre ad un motore V8 da 250 cv a trazione integrale (prerogativa del gruppo Audi) questa vettura aveva degli interni sportivi ma di grandi qualità, con selleria in pelle, rifiniture in legno di prima scelta, climatizzatore automatico e ABS che ancora non era montato sulla maggior parte delle auto dell’epoca. Nonostante tutte queste qualità la V8 non ottenne un grande successo, e si può ritenere un flop per numero di vendite. La causa va ricercata nel design perché non si distaccava molto dalle berline più piccole della casa dei quattro cerchi come la 100 e la 200 e perché la concorrenza specialmente della Bmw serie 7 e della Mercedes Benz W140 (o classe S) risultavano maggiormente carismatiche.

1Lancia Thesis: questa ammiraglia nata nel 2002 ebbe un compito difficile, perché Lancia doveva essere riposizionata sugli standard abituali fino agli anni ’90, quelle delle vetture di fascia medio-alta, e in questo caso nella fascia delle berline di lusso, andando a sostituire la K che aveva macchiato il marchio soprattutto per l’allestimento di interni troppo scarni e poco rifiniti per una Lancia che si rispetti. Un altro obiettivo da raggiungere tramite la Thesis era quello di una nuova vita in Gran Bretagna, dopo l’addio dal mercato anglosassone nel 1994. Il successo per questa macchina però non è mai arrivato. Le linee della Thesis prendevano spunto dalle prime berline Lancia degli anni trenta, e il frutto di questa idea ha immesso nel mercato un auto giudicata troppo barocca per gli standard dei primi anni 2000, nonostante che questa berlina avesse tutte le stigmate della casa torinese: una linea regale, interni lussuosi con rifiniture in mogano, magnesio e pelle, selleria in poltrona frau, o alcantara, o lana, provvista inoltre di computer di bordo, navigatore satellitare, climatizzatore automatico bizonale, 8 altoparlanti Hi-Fi, e nelle versioni più sofisticate si poteva avere il telefono Gsm ed il televisore. Il motore più spinto è il 3.2 v6 da 230 cv a benzina. Il piano iniziale era quello di vendere 25.000 unità all’anno di Thesis, dato mai raggiunto nonostante varie strategie di marketing, come per esempio l’acquisto di una Lancia Y a titolo gratuito per chi avesse voluto comprare questa ammiraglia. Fino al 2009 sono state realizzate solamente 16.000 Thesis e il bilancio per il gruppo Fiat sanguina ancora  poiché l’intero progetto aveva richiesto investimenti industriali superiori ai 405 milioni di Euro.

1377103_653623014658476_1242575451_nFiat Argenta: l’Argenta è l’ultima berlina medio-alta a trazione posteriore nella storia della Fiat, e va ricordata soprattutto per questo, perché l’opinione pubblica di oggi giorno nei suoi confronti non è per niente lusinghiera. L’Argenta fu l’immediata succeditrice della 132, e fu lanciata nel mercato nel 1982 in un periodo in cui la casa torinese aveva riversato tutte le sue attenzione e finanze nel progetto Uno, per questo motivo le componenti tecniche della vettura erano per lo più di derivazione 132. Gli accessori per l’epoca erano senza dubbio notevoli come il servosterzo di serie e il check panel, aveva inoltre una grande abitabilità e comfort, ma la linea apparve subito obsoleta e non riuscì a catturare l’attenzione dei possibili compratori. Ma oltre alla carrozzeria l’insuccesso dell’Argenta è da riscontrare soprattutto nelle scarse prestazioni a fronte di un eccessivo consumo e nella labile sicurezza della vettura specialmente in condizione di strada bagnata. Ha lasciato il mercato dopo pochi anni e pochi rimpianti, infatti nel 1985 fu sostituita dalla Croma, quello si un autentico successo per la Fiat.

Renault_VelSatis_003Renault Vel Satis: la Renault presenta questa berlina di lusso due volumi e mezzo agli inizi degli anni 2000 lasciando tutti a bocca aperta, perché le soluzioni stilistiche di questa vettura sono assolutamente appariscenti e innovative, fin troppo. Infatti ben presto la sorpresa lascia spazio ad una richiesta tiepida. La Vel Satis va a sostituire la Safrane, altra berlina a due volumi e mezzo, e monta da subito dei motori turbo benzina e diesel dalla ottima grinta, un discreto consumo e di riflesso le componenti per gli interni sono certamente significative tanto da poter gareggiare a pari livello con Mercedes Benz e Bmw a fronte però di un prezzo decisamente da battaglia, molto più economico rispetto alle rivali tedesche. Ma quello che pecca in questa francese è la linea, che in quegli anni aveva condizionato un altro flop commerciale per Renault la Avantime. Nemmeno in Francia la Vel Satis è riuscita ad aver successo, nonostante il proverbiale patriottismo francese e nel 2009 è stata fermata la sua produzione dopo 7 anni di carriera in cui ha venduto circa 62.000 unità.

volkswagen phaetonVolkswagen Phaeton: è il progetto più ambizioso nella storia della Volkswagen, Ferdinand Karl Piëch alla fine degli anni ’90 ha intenzione di creare un automobile che rasenti la perfezione e per farlo deve rispettare 10 parametri, uno dei quali è quello di poter viaggiare a 300 km/h con una temperature esterna di 50°c o -50°c e nell’abitacolo averne una di 18°c, percorrendo migliaia di chilometri. Nel 2002 prende vita quindi la maestosa Phaeton, l’ammiraglia per eccellenza di Volkswagen quella vettura in grado di collocare la casa di Wolfsburg nell’Olimpo delle quattro ruote di lusso. Il motore fiore all’occhiello è il v12 6.0 di cilindrata da 450 cv a trazione integrale, un autentico mostro che spinge questa mastodontica macchina a 300 km/h . All’interno della vettura si vive nel lusso, le cose più particolari sono i sedili con funzione massaggiante, le decorazioni in legno pregiato Eucalipto, il frigo bar mentre le soluzioni tecniche sono davvero all’avanguardia come le sospensioni pneumatiche con regolazione automatica del livello ed elettronica degli ammortizzatori. C’è qualcosa in tutto questo che però non ha colpito del tutto gli appassionati ed è la linea: troppo impersonale e amorfa per chi vuole acquistare una macchina da 100.000 euro, e proprio per questo i potenziali clienti si sono riversati soprattutto dalla concorrenza esterna Bmw Serie 7 e Mercedes S ed interna Audi A8, etichettandola quindi come un fallimento roboante. La Volkswagen per inseguire questo sogno ha speso quasi 2 miliardi di euro, e perde per ogni Phaeton che vende circa 28.100 euro, ma si sa i sogni non hanno prezzo.

 



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